E’ IL
FUOCO DEGLI INIZI quello del 17 gennaio!. Nelle piazze di
molti borghi lucani
prende fuoco una catasta per sprigionare lunghe allegrie.
L’altezza di essa dipende da quanta legna
i ragazzi sono riusciti a mettere insieme bussando di casa in casa a questuare.
Un po’ la dona il contadino perché in casa tiene l’asino, il maiale e qualche
altro animale da proteggere dalle malattie e dal malocchio. Egli sa che c’è un
Santo capace di fermare l’invidia degli uomini e la cattiveria del diavolo. E’
sant’ Antonio Abate. E’ proprio in suo onore che si accendono i fuochi in
piazza. Anche il calzolaio e l’impagliatore di sedie e il fabbro e il
falegname, così come il bottaio, il
sarto, l’arrotino e quegli altri con un mestiere tra le mani, hanno donato
tocchi di legna per la catasta perché ciascuno di loro ha un qualche motivo per tenersi buono questo Santo eremita. Tutti
sanno infatti che, oltre agli animali, Egli protegge gli uomini dalla malattia
della pelle che porta il suo nome. “il fuoco di sant’Antonio”, tanto diffusa nella
regione, e da altre malattie infettive che si attaccano al corpo umano per
distruggerlo.
Ma… qanto appena detto succedeva in Basilicata fino
agli anni Sessanta del Novecento. Poi in ogni casa è entrata la cucina a gas. I
mestieri sopra ricordati sono diventati rari e per questo preziosi. I pochi
contadini esistenti hanno il trattore e
se ancora posseggono un asino, quando esso si ammala chiamano il veterinario e non invocano
più l’aiuto di sant’ Antonio perché non
credono più che a mandare la malattia sia il diavolo.
E allora?... Oggi chi è che va in giro a questuaew legna per la
catasta del 17 gennaio? Nessuno. La compra il Comune “per mantenere viva la tradizione”, afferma convinto il sindaco. Il
quale, a braccetto con la Pro-Loco, organizza in un angolo della piazza anche “l’assaggio degli antichi sapori” del
paese con qualche piatto contadino (fatto di “strascinati” comprati al supermarket).
Con salsicce “locali” alla brace (d’ importazione e sottovuoto). Con bicchieri di
plastica pieni di vino rosso a basso costo. Organizza anche il ballo “popolare”
intorno alla catasta, ma senza organetto e senza zampogna, per carità,
è roba vecchia. Meglio il complessino-rock formato da “giovani talenti lucani”. E così la gente balla in piazza. E spilucca
in piazza. E tracanna in piazza. Diventa stralunata in piazza. Bene! La tradizione è salva!
Una consapevolezza è però immutata: tutti
sanno che dalle ceneri della catasta nasce vivo il Carnevale.